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È ormai un dato di fatto che l’Intelligenza Artificiale si stia sempre più diffondendo all’interno della nostra società. Sono in vendita sistemi intelligenti capaci di riconoscere la nostra voce, rispondere alle nostre domande, risolvere i nostri problemi, imparare dalle nostre abitudini e pianificare azioni per aiutarci.
Due esempi famosi di prodotti sul mercato da poco tempo sono Amazon Echo (basato sull’assistente personale Alexa), ed il robottino Vector, sempre sviluppato da Amazon. Aprendo i due link troverete i video che mostrano il comportamento di questi dispositivi: si nota come questi sistemi riescano a comprendere le nostre richieste e ad interagire con gli esseri umani e con l’ambiente circostante in modo molto naturale, riuscendo a gestire la variabilità del linguaggio parlato. Proprio come se fossero dotati di intelligenza umana.
Altri comportamenti intelligenti potrebbero sembrare quelli di Spotify che prova a consigliarci canzoni di nostro gradimento, Netflix che ci suggerisce le serie tv o i film di nostro gradimento, oppure Google che propone lo stesso comportamento ma indicandoci articoli e news di nostro interesse.
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Nel 1950 Alan Turing anziché definire questo concetto, prova a definire quando una macchina possa essere considerata intelligente, proponendo il famosissimo test di Turing [1]. Per un approfondimento consiglio questo articolo.
Nel 1998 il prof. John McCarthy della Stanford University (padre dell’espressione Intelligenza Artificiale) la definisce in questo modo:
"È la scienza e l’ingegneria del creare macchine intelligenti, specialmente programmi informatici intelligenti.
L’AI è connessa ad attività come utilizzare computer per comprendere l’intelligenza umana, ma l’AI non deve essere confinata a metodi che sono biologicamente osservabili." [2]
Ma se l’AI e le tecnologie ad essa connesse sono arrivate all’interno delle nostre case, il mondo della scuola come verrà influenzato da questa rivoluzione? Inutile pensare che ne rimarrà immune, è quindi importante capire come questa nuova avanguardia potrà dare supporto ad insegnanti, studenti, dirigenti scolastici e più in generale policy-makers.
Ho trovato di grandissimo interesse la riflessione proposta dalla prof.ssa Luckin del University College London (l’articolo originale si trova a questo link).
Le sfide che l’AI pone sono molto complesse, ma in questo momento storico è diventato indispensabile affrontarle! Ed il punto di partenza di queste sfide non può e non deve essere la tecnologia, ma un’attenta analisi e individuazione dei problemi che si vogliono affrontare con l’AI. Altrimenti qualsiasi sistema intelligente progettato senza un’adeguata analisi del problema diventa inutile ed inefficace
Come propone Rosemary Luckin, “quando ci chiediamo come l’AI possa contribuire all’insegnamento e all’apprendimento, abbiamo bisogno di partire dai problemi che crediamo possano essere affrontati con l’AI.”
Ci sono due dimensioni principali che potrebbero essere esplorate, per quanto riguarda l’AI e l’educazione:
Quali sono i problemi sui quali l’AI ci potrebbe dare aiuto? Ecco alcuni spunti.
La valutazione è un problema che affligge gli insegnanti dalla notte dei tempi: porta via tempo e forze, crea ansia negli studenti e nei genitori e a volte non è efficace.
Su questa problematica l’AI in combinazione ai Big data potrebbe dare un grande aiuto:
Creando opportuni sistemi intelligenti si potranno differenziare percorsi per studenti con diversi livelli e diverse velocità di apprendimento. Addirittura potremo arrivare a suggerire percorsi differenti in base ai diversi stili di apprendimento; ad esempio Papert e Turkle nell’articolo “Epistemological Pluralism” [3] propongono due modalità nell’approccio alla risoluzione dei problemi (in particolare si fa riferimento a problemi di programmazione): hard e soft, come di seguito definite.
“l’approccio hard preferisce una forma di pensiero astratto e una pianificazione sistematica; l’approccio soft preferisce un approccio più negoziale e una forma di ragionamento concreta”
Questi due differenti approcci portano gli autori ad individuare due categorie di persone: il “bricoleur scientist” e il “planner scientist”.
“Il bricoleur non si muove in modo astratto e gerarchico da un assioma, ad un teorema fino ad arrivare ad un corollario. Il bricoleur costruisce teorie provando e riprovando, negoziando e rinegoziando, costruendo e ricostruendo grazie ad un insieme di materiali ben conosciuti”
Blikstein [4] nel suo articolo “Programming Pluralism” si riferisce a queste due categorie con i termini Planners (approccio hard) e Tinkerers (approccio soft) e con un’acquisizione dati realizzata su studenti universitari, iscritti ad un corso di introduzione alla programmazione, prova ad applicare tecniche di machine learning (una sottocategoria dell’AI) per individuare a che categoria appartengono gli studenti o a prevedere la probabilità di successo all’esame finale.
I primi esperimenti nel mondo della ricerca sono stati effettuati (in letteratura si trovano anche altri esempi), ma è necessario approfondire ed applicare le tecniche acquisendo più dati e casistiche!
L’obiettivo potrebbe essere la progettazione di sistemi che dopo aver riconosciuto lo stile di apprendimento dello studente (o il mix di stili), possa dare feedback e consigli all’insegnante e allo studente stesso.
Se da un lato l’AI può migliorare il mondo dell’educazione, dall’altro è necessario educare le persone a riconoscere i benefici dell’AI, ma soprattutto ad utilizzare l’AI in modo consapevole!
Si dovrà lavorare per creare una cultura sull’AI, facendo riflettere studenti (e non solo) riguardo ad alcuni punti fondamentali:
Le possibilità che l’AI offrirà per il mondo dell’educazione saranno sicuramente vaste. La figura del docente rimarrà sempre molto centrale: sia nella definizione del problema, fondamentale per la progettazione di sistemi AI effettivamente utili all’interno dell’ambito educativo, sia per la validazione dei risultati ottenuti con sistemi di questo tipo.
Sarà necessario costruire collaborazioni su più fronti:
Concludo citando una frase della prof.ssa Luckin:
“AI has the potential to bring about enormous beneficial change in education, but only if we use our human intelligence to design the best solutions to the most pressing educational problems.”
“L’AI ha la potenzialità di portare un enorme cambiamento benefice nell’educazione, ma solo se useremo la nostra intelligenza umana per progettare le migliori soluzioni ai problemi più impellenti in ambito educativo.”
L'articolo completo "The implications of Artificial Intelligence for teachers and schooling" da cui prende spunto questo contenuto si può trovare al link: https://goo.gl/aewzQn
[1] A. M. Turing (1950) Computing Machinery and Intelligence. Mind 49: 433-460.
[2] McCarthy, J. (1998). What is artificial intelligence?. http://www-formal.stanford.edu/jmc/whatisai.pdf
[3] Turkle, S., & Papert, S. (1992). Epistemological pluralism and the revaluation of the concrete. Journal of Mathematical Behavior, 11(1), 3-33.
[4] Blikstein, P., Worsley, M., Piech, C., Sahami, M., Cooper, S., & Koller, D. (2014). Programming pluralism: Using learning analytics to detect patterns in the learning of computer programming. Journal of the Learning Sciences, 23(4), 561-599.
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